Traditionis custodes
de François
Date de publication : 16/07/2021

Texte original

LETTERA APOSTOLICA

IN FORMA DI MOTU «PROPRIO»

DEL SOMMO PONTEFICE

FRANCESCO

« TRADITIONIS CUSTODES »

SULL’USO DELLA LITURGIA ROMANA ANTERIORE ALLA RIFORMA DEL 1970


Custodi della tradizione, i vescovi, in comunione con il vescovo di Roma, costituiscono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari. [1] Sotto la guida dello Spirito Santo, mediante l’annuncio del Vangelo e per mezzo della celebrazione della Eucaristia, essi reggono le Chiese particolari, loro affidate. [2]

Per promuovere la concordia e l’unità della Chiesa, con paterna sollecitudine verso coloro che in alcune regioni aderirono alle forme liturgiche antecedenti alla riforma voluta dal Concilio Vaticano II, i miei Venerati Predecessori, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno concesso e regolato la facoltà di utilizzare il Messale Romano edito da san Giovanni XXIII nell’anno 1962. [3] In questo modo hanno inteso «facilitare la comunione ecclesiale a quei cattolici che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche» e non ad altri. [4]

Nel solco dell’iniziativa del mio Venerato Predecessore Benedetto XVI di invitare i vescovi a una verifica dell’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, a tre anni dalla sua pubblicazione, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha svolto una capillare consultazione dei vescovi nel 2020, i cui risultati sono stati ponderatamente considerati alla luce dell’esperienza maturata in questi anni.

Ora, considerati gli auspici formulati dall’episcopato e ascoltato il parere della Congregazione per la Dottrina della Fede, desidero, con questa Lettera Apostolica, proseguire ancor più nella costante ricerca della comunione ecclesiale. Perciò, ho ritenuto opportuno stabilire quanto segue :


Art. 1. I libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano.


Art. 2. Al vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa particolare a lui affidata, [5] spetta regolare le celebrazioni liturgiche nella propria diocesi.   [6] Pertanto, è sua esclusiva competenza autorizzare l’uso del Missale Romanum del 1962 nella diocesi, seguendo gli orientamenti dalla Sede Apostolica.


Art. 3. Il vescovo, nelle diocesi in cui finora vi è la presenza di uno o più gruppi che celebrano secondo il Messale antecedente alla riforma del 1970 :

§ 1. accerti che tali gruppi non escludano la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici;

§ 2. indichi, uno o più luoghi dove i fedeli aderenti a questi gruppi possano radunarsi per la celebrazione eucaristica (non però nelle chiese parrocchiali e senza erigere nuove parrocchie personali);

§ 3. stabilisca nel luogo indicato i giorni in cui sono consentite le celebrazioni eucaristiche con l’uso del Messale Romano promulgato da san Giovanni XXIII nel 1962. [7] In queste celebrazioni le letture siano proclamate in lingua vernacola, usando le traduzioni della sacra Scrittura per l’uso liturgico, approvate dalle rispettive Conferenze Episcopali;

§ 4. nomini, un sacerdote che, come delegato del vescovo, sia incaricato delle celebrazioni e della cura pastorale di tali gruppi di fedeli. Il sacerdote sia idoneo a tale incarico, sia competente in ordine all’utilizzo del Missale Romanum antecedente alla riforma del 1970, abbia una conoscenza della lingua latina tale che gli consenta di comprendere pienamente le rubriche e i testi liturgici, sia animato da una viva carità pastorale, e da un senso di comunione ecclesiale. È infatti necessario che il sacerdote incaricato abbia a cuore non solo la dignitosa celebrazione della liturgia, ma la cura pastorale e spirituale dei fedeli.

§ 5. proceda, nelle parrocchie personali canonicamente erette a beneficio di questi fedeli, a una congrua verifica in ordine alla effettiva utilità per la crescita spirituale, e valuti se mantenerle o meno.

§ 6. avrà cura di non autorizzare la costituzione di nuovi gruppi.


Art. 4. I presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del presente Motu proprio, che intendono celebrare con il Missale Romanum del 1962, devono inoltrare formale richiesta al Vescovo diocesano il quale prima di concedere l’autorizzazione consulterà la Sede Apostolica.


Art. 5. I presbiteri i quali già celebrano secondo il Missale Romanum del 1962, richiederanno al Vescovo diocesano l’autorizzazione per continuare ad avvalersi della facoltà.


Art. 6. Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, a suo tempo eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei passano sotto la competenza della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.


Art. 7. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per le materie di loro competenza, eserciteranno l’autorità della Santa Sede, vigilando sull’osservanza di queste disposizioni.


Art. 8. Le norme, istruzioni, concessioni e consuetudini precedenti, che risultino non conformi con quanto disposto dal presente Motu Proprio, sono abrogate.

Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera apostolica in forma di Motu Proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga promulgata mediante pubblicazione sul quotidiano “L’Osservatore Romano”, entrando subito in vigore e, successivamente, venga pubblicato nel Commentario ufficiale della Santa Sede, Acta Apostolicae Sedis.


Dato a Roma, presso San Giovanni Laterano, il 16 luglio 2021 Memoria liturgica di Nostra Signora del Monte Carmelo, nono del Nostro Pontificato.


FRANCESCO


___________________________________________

[1] Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa “ Lumen Gentium”, 21 novembre 1964, n. 23: AAS 57 (1965) 27.

[2] Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Sulla Chiesa “ Lumen Gentium”, 21 novembre 1964, n. 27: AAS 57 (1965) 32; CONC. ECUM. VAT. II, Decr. sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa “ Christus Dominus”, 28 ottobre 1965, n. 11: AAS 58 (1966) 677-678; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 833.

[3] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Litt. Ap. Motu proprio datae “ Ecclesia Dei”, 2 luglio 1988: AAS 80 (1998) 1495-1498; BENEDETTO XVI, Litt. Ap. Motu proprio datae “ Summorum Pontificum”, 7 luglio 2007: AAS 99 (2007) 777-781; Litt. Ap. Motu proprio datae “ Ecclesiae unitatem”, 2 luglio 2009: AAS 101 (2009) 710-711.

[4] GIOVANNI PAOLO II, Litt. Ap. Motu proprio datae “ Ecclesia Dei”, 2 luglio 1988, n. 5: AAS 80 (1988) 1498.

[5] Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. sulla sacra liturgia “ Sacrosanctum Concilium”, 4 dicembre 1963, n. 41: AAS 56 (1964) 111; Caeremoniale Episcoporum, n. 9; CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Istr. su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia “ Redemptionis Sacramentum”, 25 marzo 2004, nn. 19-25: AAS 96 (2004) 555-557.

[6] Cfr. CIC, can. 375, §1; can. 392.

[7] Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Decreto “ Quo magis” circa l’approvazione di sette nuovi prefazi per la forma straordinaria del Rito Romano, 22 febbraio 2020, e Decreto “ Cum sanctissima” circa la celebrazione liturgica in onore dei santi nella forma straordinaria del Rito Romano, 22 febbraio 2020: L’Osservatore Romano, 26 marzo 2020, p. 6.


Texte Français

LETTRE APOSTOLIQUE 

EN FORME DE MOTU PROPRIO DU SOUVERAIN PONTIFE FRANÇOIS 

« TRADITIONIS CUSTODES » 

SUR L’USAGE DE LA LITURGIE ROMAINE AVANT LA RÉFORME DE 1970



Traduction française de Sophie Lafon d’Alessandro pour La Documentation Catholique, supervisée par le père Cédric Burgun, vice-doyen de la Faculté de droit canonique de l’Institut catholique de Paris.


Gardiens de la tradition, les évêques, en communion avec l’évêque de Rome, sont le principe et le fondement de l’unité dans leurs Églises particulières. (1) Guidés par l’Esprit Saint, à travers l’annonce de l’Évangile et par la célébration de l’Eucharistie, ils gouvernent les Églises particulières qui leur sont confiées. (2) 

Afin de promouvoir la concorde et l’unité de l’Église, avec une sollicitude paternelle envers ceux qui, dans certaines régions, adhérèrent aux formes liturgiques antérieures à la réforme voulue par le Concile Vatican II, mes vénérables prédécesseurs, saint Jean-Paul II et Benoît XVI, ont accordé et réglementé le droit d’utiliser le Missel romain publié par saint Jean XXIII en 1962. (3) Ils souhaitaient ainsi «faciliter la communion ecclésiale pour les catholiques qui se sentaient liés à certaines formes liturgiques antérieures» et non à d’autres. (4) 

Dans le sillage de l’initiative de mon vénérable prédécesseur Benoît XVI d’inviter les évêques à vérifier l’application du Motu Proprio Summorum Pontificum, trois ans après sa publication, la Congrégation pour la Doctrine de la Foi a procédé à une vaste consultation des évêques en 2020, dont les résultats ont été pondérés à la lumière de l’expérience acquise au cours des dernières années. 

À présent, après avoir considéré les voeux formulés par l’épiscopat et écouté l’avis de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, je souhaite par cette Lettre Apostolique, poursuivre encore davantage la recherche constante de la communion ecclésiale. C’est pourquoi, j’ai jugé opportun de préciser ce qui suit :


Art. 1. Les livres liturgiques promulgués par les Saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, conformément aux Décrets du Concile Vatican II, sont la seule expression de la lex orandi du Rite Romain.

 

Art. 2. C’est à l’évêque diocésain, en tant qu’organisateur, promoteur et gardien de toute la vie liturgique dans l’Église particulière qui lui est confiée, (5) qu’il revient de réguler les célébrations liturgiques dans son diocèse. (6) Par conséquent, il est de sa compétence exclusive d’autoriser le recours au Missale Romanum de 1962 dans son diocèse, selon les directives du Siège Apostolique.


Art. 3. L’évêque, dans les diocèses où jusqu’à présent se trouvent un ou plusieurs groupes qui célèbrent avec le Missel antérieur à la réforme de 1970 : 

§ 1. doit veiller à ce que ces groupes n’excluent pas la validité et la légitimité de la réforme liturgique, des écrits du Concile Vatican II et du Magistère Pontifical ; 

§ 2. doit indiquer un ou plusieurs lieux où les fidèles qui adhèrent à ces groupes puissent se rassembler pour la célébration eucharistique (sans toutefois que ce soit dans les églises paroissiales et sans ériger de nouvelles paroisses personnelles) ;

§ 3. doit déterminer dans le lieu indiqué les jours où seront autorisées les célébrations eucharistiques avec l’utilisation du Missel romain promulgué par saint Jean XXIII en 1962. (7) Lors de ces célébrations, les lectures seront proclamées en langue vernaculaire, selon les traductions des Saintes Écritures pour l’usage de la liturgie, approuvées par les conférences épiscopales respectives ;

§ 4. doit nommer un prêtre qui, en tant que délégué de l’évêque, sera chargé des célébrations et du soin pastoral de ces groupes de fidèles. Le prêtre doit être apte à cette mission et compétent pour l’utilisation du Missale Romanum antérieur à la réforme de 1970, avoir une connaissance de la langue latine qui lui permette de comprendre pleinement les rubriques et les textes liturgiques, être animé d’une vive charité pastorale et d’un sentiment de communion ecclésiale. Il est, en effet, nécessaire que le prêtre en charge ait à cœur, non seulement la célébration digne de la liturgie, mais aussi le soin pastoral et spirituel des fidèles ;

§ 5. doit vérifier, dans les paroisses personnelles érigées canoniquement au profit de ces fidèles, leur utilité effective pour la croissance spirituelle, et s’il est opportun ou non de les maintenir ;

§ 6. doit veiller à ne pas autoriser la création de nouveaux groupes.


Art. 4. Les prêtres ordonnés après la publication du présent Motu Proprio, et qui ont l’intention de célébrer selon le Missale Romanum de 1962, doivent adresser une demande formelle à l’évêque diocésain qui consultera le Siège Apostolique avant de donner son autorisation. 


Art. 5. Les prêtres qui célèbrent déjà selon le Missale Romanum de 1962, doivent demander à l’évêque diocésain la permission de continuer. 


Art. 6. Les Instituts de Vie Consacrée et les Sociétés de Vie Apostolique, à l’époque érigés par la Commission Pontificale Ecclesia Dei relèvent dorénavant de la Congrégation pour les Instituts de Vie Consacrée et les Sociétés de Vie Apostolique.


Art. 7. La Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements ainsi que la Congrégation pour les Instituts de Vie Consacrée et les Sociétés de Vie Apostolique exerceront, pour les matières relevant de leur compétence, l’autorité du Saint-Siège, en veillant au respect de ces dispositions.


Art. 8. Les normes, instructions, concessions et usages précédents qui ne sont pas conformes aux dispositions du présent Motu Proprio, sont abrogés.

 

J’ordonne que tout ce que j’ai décidé par cette Lettre apostolique sous forme de Motu Proprio, soit observé dans toutes ses parties, nonobstant toute chose contraire, même digne de mention particulière, et j’établis que cela soit promulgué par la publication sur le quotidien L’Osservatore Romano, entrant en vigueur le même jour, et ensuite publié dans le bulletin officiel du Saint-Siège, Acta Apostolicae Sedis.


Donné à Rome, près de Saint-Jean-du-Latran, le 16 juillet 2021, en la mémoire liturgique de Notre-Dame du Mont-Carmel, neuvième année de notre Pontificat.


FRANÇOIS



La publication du Motu proprio du Pape a été accompagnée d'une lettre aux évêques, à retrouver en cliquant ici.


En date du 4 décembre 2021, la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements a publié une série de réponses ad dubia pour préciser le sens du Motu proprio, à retrouver sur notre site en cliquant ici.


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